Polaroid 42
Dicembre 2006
17 x 12 cm
43 pagine
ISBN 8888845488
11 euro
Di questo volumetto sono stati ultimati presso la Tipolitografia S. Eustacchio trecento esemplari, trenta dei quali contengono, fuori testo, un inchiostro di Hervé Bordas.
A cura di Pasquale Di Palmo. Un ritratto fotografico di Henri Michaux scattato da Brassaï.
Lopera di Henri Michaux (Namur, 1899 - Parigi, 1984) rappresenta uno scavo nei precordi compiuto nel tentativo di riportare a galla la parola perduta, operazione che non presenta alcun carattere di gratuità derivante da mere esigenze di tipo estetico o letterario ma che si fonda su un consapevole, quanto rischioso, esercizio di decrittazione di una realtà dai tratti sempre più aberranti e incomprensibili. Non è un caso che, proprio durante le peregrinazioni dellautore compiute durante la seconda guerra mondiale, si accentui la predisposizione a sondare quel mondo popolato da mostri di cui, già con le prove fondamentali di Un certo Piuma, edito in prima edizione nel 1930 e successivamente rielaborato, Michaux ci offriva un rappresentativo campionario. Ma, mentre le varie stesure ispirate al personaggio di Piuma sono dominate da una sorta di provocatorio humor nero (quello che Cioran ha felicemente definito come uno «humor da scorticato»), le frammentarie vicende legate alle carrellate teratologiche de Il lobo dei mostri, edito da LArbalète nel 1944, sembrano attenuare quel sottofondo di umorismo macabro presente nelle prove precedenti a favore di una più angosciante, una più allucinata visione del mondo. I mostri che popolano le pagine di questo libretto, proposto per la prima volta in versione italiana, rappresentano per lautore che li ritrae presenze incomprensibili. Anzi, spesso si tratta di parvenze di mostri, di ectoplasmi che si rinnovano e modificano senza sosta, che subiscono una ininterrotta, straniante metamorfosi priva di qualsiasi giustificazione e senso.
Le mie statue.
Ho le mie statue. I secoli me le hanno tramandate: i secoli della mia attesa, i secoli dei miei avvilimenti, i secoli della mia mancanza di oppressione, della mia infinita speranza. Ora sono là.
Come fossero antiche rovine non sempre capisco cosa rappresentino.
La loro origine mi è sconosciuta e si perde nella notte della mia vita, dalla quale soltanto le loro forme sono state preservate.
Ma sono là e ogni anno che passa indurisce più a lungo il loro marmo, biancheggiante sul fondo oscuro di sagome dimenticate.